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Cà Dario


La basilica di S. Marco

Le due lampade votive che potete osservare sul lato a Sud della basilica di S. Marco, tra i due archi del piano superiore, sono accese dal crepuscolo all'alba per un motivo particolare: sono dedicate al "povero fornareto". Si narra che una mattina presto Pietro Tasca, che di mestiere faceva il fornaio (fornareto), trovò un uomo morto pugnalato davanti ad un portone. Venne subito condannato di omicidio, torturato fino a fargli confessare il delitto non commesso, e giustiziato il 22 marzo 1507 tra le due colonne della piazzetta di S. Marco. Subito dopo si scoprì che il vero colpevole era un'altro, un nobile, ma oramai il delitto era stato consumato. In onore di Pietro, quasi per scusarsi della loro incapacità di indagare più a fondo, furono accese due fiaccole.

Il ponte del diavolo viene chiamato così perché il ponte si presentava scosceso e pericoloso e non per motivi oscuri. 

Ca' Dario

Giovanni Dario, un dalmata di famiglia non nobile, cominciò la costruzione di uno dei più belli e particolari palazzi sul Canal Grande. Su disegno di Pietro Lombardi il palazzo, ornato di marmi policromi, sbilenco che sembra una vecchia prostituta, almeno come lo definì D'Annunzio, non ha mai goduto di una buona fama. Il Giovanni andò ad abitarci con la figlia Marietta la quale sposò il nobile Vincenzo Barbaro. Cominciarono i primi guai: a Vincenzo andarono male gli affari, andò in rovina e Marietta morì di crepacuore.

Col passare degli anni il palazzo passò ad un ricco armeno, commerciante di pietre preziose. Anche lui dopo un po' di tempo andò in fallimento e, poco dopo, morì.

Nella metà dell' 800 un inglese andò ad abitarci: stessa storia. Andò in rovina e si suicidò. Stessa fine la fece il suo amante.

Passano gli anni e a Cà Dario ci abitò un ricco signore americano, per storie non chiare andò ad abitare in Messico dove il suo amante si suicidò.

Nel 1970 l'amante del conte proprietario del palazzo lo colpì alla testa. Fuggì a Londra e fu a sua volta assassinato.

Morì suicida anche il manager del complesso rock "the who". Aveva da poco acquistato il palazzo.

Anni '80. Un uomo d'affari veneziano comprò il palazzo, solito tracollo degli affari e sua sorella fu trovata morta.

Venne la volta di raoul Gardini che, come tutti sapranno, era il proprietario di Cà Dario e del Moro di Venezia, la barca a vela da regata che voleva vincere la coppa del mondo. E come tutti sapranno morì suicida.


Particolare del "giudizio Universale" in Torcello


Leggende metropolitane

"Passare sotto l'angolo di palazzo ducale porta jella". Quando uno dal ponte della Paglia va verso la piazza o viceversa, per tagliare, passa sotto i portici del palazzo. Molti non ci passano per quel motivo. Sarà vero?

Che ne dire della striscia delle strisce in marmo del selciato di piazza S. Marco? La storia ci dice che chi camminava a "fare liston" sopra quelle righe si proclamava un gay in cerca del partner.

La pietra rossa del sottoportico di corte Zorzi. Si dice che chi pesta la pietra rossa vada male all'esame di scuola (è nella strada che va al Sarpi) o che porti sfortuna. Una volta si diceva che lì si fermò la peste. La leggenda vuole che la Madonna apparve proprio in quel luogo quando in tutta Venezia imperversava la malattia annunciando la fine delle sofferenze.

Smerdariol

Leggenda metropolitana? Si dice che sia un personaggio particolare esistito realmente o solo nella fantasia di qualche burlone. Era un signore con un tabarro nero che portava sempre con se un secchio. Girava per le calli e per i campi così conciato per servire qualche signore a cui scappava qualche bisogno corporale. Avete capito bene: un cesso ambulante. In pratica chi non ne poteva più lui porgeva il secchio e con il tabarro nascondeva tutto. Alla fine una lauta mancia aiutava al povero smerdariol a campare dignitosamente. Non sarebbe una brutta idea. Molte persone adesso fanno cose ben più indecenti senza vergognarsi ma solo per prendere soldi. Ognuno pensi quel che vuole.