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Achille


Leone

Con la fine della Repubblica i gatti non ebbero più quella lungimirante e preziosa protezione governativa che alla metà del secolo scorso i gatti randagi erano ridotti veramente male. Ma nel 1964 venne a Venezia una signora inglese, Helena Sanders (1911-1997) che decise di portare loro soccorso lanciando una campagna di aiuti internazionali. In seguito a questa mobilitazione, nel 1985, fu fondata Dingo, un'associazione per la protezione degli animali randagi e abbandonati.

I gatti

Se passate per la piazza S. Marco troverete Achille, il gatto del "bar Lavena" che se ne sta tutto il giorno a guardia del suo bar noncurante deturisti; vedrete anche Leone, che è il grosso gatto del "bar Americano". E' sempre nella calle li vicino a miagolare aspettando le 9,40 per accucciarsi vicino ad Achille. Le 9,40? I gatti hanno i loro orari, sono metodici. Altro gatto famoso era quello che il doge Francesco Morosini si portava dappertutto, anche in guerra, Nini, il gatto di un caffè ottocentesco ai Frari che ebbe l'onore di una scultura commemorativa alla sua morte e il povero soriano del custode del campanile di S. Marco che fu l'unica vittima del crollo del campanile nel 1902.

Da molti secoli i veneziani rispettano i gatti come ringraziamento per gli indispensabili servizi resi. Al tempo della Serenissima, nei lunghi viaggi verso l'Oriente, venivano usati i gatti veneziani come difesa ai ratti. La loro bravura era tale che si decise di imbarcarli come "ciurma" a gruppi di tre o quattro con tanto di addetto incaricato alla loro cura. Erano talmente importanti da diventare un portafortuna. Purtroppo assieme alle merci dall'Oriente arrivò anche il famigerato topo nero, il topo della peste, e i gatti veneziani non erano sufficientemente feroci per combatterlo che si decise, di correre ai ripari e importare dalla Palestina e in Siria una razza molto combattiva (i soriani) per incrociarla con la "razza veneziana" ma ormai era troppo tardi che la peste decimò un terzo della popolazione veneziana.  

I colombi

Il rapporto che la gente ha con il colombo di piazza S. Marco è controverso: per farsi la foto classica lo si avvicina con le moine, quando non serve più lo si scaccia con la scusa che porta malattie. Nei periodi di stanca della stagione turistica il cibo scarseggia e allora guai a buttare manciate di grano addosso le persone altrimenti i colombi te li trovi addosso tutti. I colombi mangiano solamente dall'alba al tramonto, dopodiché è inutile arrabbiarsi se dopo una certa ora non fate più le foto con il contorno di piccioni affamati e petulanti. Le bancarelle del grano in piazza S. Marco che vedete andare via è il segno. Dare da mangiare al colombo a Venezia si prende una multa se non ci si trova in Piazza S. Marco e con il granoturco che vendono gli ambulanti. Ma non avete paura perché raramente ne troverete molti in altre zone e se ci sono sono paragonabili per furbizia e scaltrezza agli zingari che una volta mangiato volano via differentemente a quelli di piazza che invece restano a girare nello stesso punto per ore anche se non c'è il granoturco.

I colombi a Venezia hanno le loro stagioni. In primavera sono giovani, belli lucidi, pimpanti; d' estate sembrano giovani di buone speranze, sicuri di sé, sani; in autunno molti incominciano a essere un po' tristi e a domandare con più insistenza il grano ma in inverno c'è la selezione naturale. Anche i più grossi sembrano invecchiare precocemente, la piazza di riempie di penne e piume, verso sera si riuniscono spalla contro spalla in gruppi dai 4 ai 20 esemplari. Sembra un campo di guerra in bianco e nero. Molti sono per terra silenziosi e con il becco rovesciato all' indietro. Chiazze rosso vivo si alternano a dita mozzate. Corpi sanguinolenti smembrati a colpi di becco dei gabbiani. I prossimi a morire vengono beccati dai loro simili sulla testa e attuando tentativi di rapporti sessuali dettati dalla natura. Quei rimasti in piedi spiccano il volo finendo miserabilmente contro il piumone caldo delle persone che con disgusto si danno una scrollata alle spalle. Aspettando primavera.








Un venditore di grano sotto la pioggia

I venditori del grano sono molto amici dei colombi. Non solo perché, scusate il gioco di parole, gli danno da mangiare ma anche perché dopo anni di lavoro si istaura una profonda amicizia e simpatia. Guai a maltrattare un colombo in presenza loro perché ti farebbero la ramanzina, e non solo.


La proverbiale fame dei colombi


Colombi e acqua alta